Repubblica 7-10-1989
I dolorosi spasimi della modernità
Hymnen di Stockhausen ha chiuso il dodicesimo Festival Internazionale di Musica Antica e Contemporanea organizzato da Antidogma. Spettacolo anomalo, non indolore. La cornice era quella della Sala Presse del Lingotto. Devo dire che per la prima volta, da che l’ex fabbrica è stata convertita in spazio anche musicale, vi ho sentito risuonare della musica senza avere l’imperessione di un fastidioso kitsch dell’anima. Forse aiutavano le luci di Riky Ferrero, che spegnevano un po’ la memoria dei muri per accendere l’ambizione della musica e delle opere di nove giovani artisti sparpagliate fra tubi e colonne. Ma certo c’entrava anche la musica di Stockhausen: ha qualcosa di doloroso dentro una specie di spasimo della modernità che sembra fatto apposta per decorare il silenzio di quello stanzone.
Hymnen dura due ore. E’ una sorta di bombardamento sonoro, pianificato con immensa cura e percepibili raffinatezze. Sembra una casuale, istintiva e confusa aggregazione di materiali d’ascolto: è invece un collage controllatissimo che non lascia spazio al caso e all’accidente. In questo senso ricorda la scrittura di Céline, non il Céline ancora potabile delle Voyage, ma quello radicale di certi libri emozionanti e illeggibili (Cas-tibe, per dirne una): sembra un vomitare di parole alla rinfusa e invece era la paziente declinazione di una lingua immaginaria che covava nella testa dello scrittore, nocciolo linguistico della sua Mattia. Stockhausen offre un paradosso analogo: la sua confusione organizzata è tanto affascinante quanto, nella pratica, quasi infrequentabile. Chi è arrivato all’ultima pagina di Cas-tibe? Chi è arrivato agli ultimi minuti di Hymnen (che sono bellissimi, con quel contrappunto con il respiro puro e semplice di un uomo e improvvisi accecamenti sonori, vere lame che brillano nel silenzio)?
Mercoledì sera la messa in scena di Hymnen è stata curata dall’Ensemble Europeo Antidogma Musica e del FFFortissimo Guitar Ensemble. La “progettazione e spazializzazione del suono” era firmata da Daniel Teruggi. C’era un migliaio di persone che è numero significativamente alto.
Alessandro Baricco